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News salute e sicurezza

05-11-2024 17:34

Bruno Antonio Tindaro

Sicurezza, Formazione, Antincendio,

News salute e sicurezza

Notizie in materia di sicurezza sul lavoro.

DAL 21 AL 27 OTTOBRE LA SETTIMANA EUROPEA DELLA SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO.

21 ottobre 2024
 

La Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro si terrà quest’anno dal 21 al 27 ottobre. Come annuncia Eu-Osha, si tratta di un momento clou di ogni campagna Healthy Workplaces, con centinaia di eventi di sensibilizzazione. In ogni paese c’è un “focal point”, in Italia sarà Inail.
 

Proiezioni speciali di film, eventi sui social media, conferenze, mostre, concorsi e sessioni di formazione sono solo alcune delle attività organizzate per celebrare la Settimana europea della salute.
 

Gestita da EU-OSHA e dai suoi partner, la campagna mira a sensibilizzare l’importanza di una gestione attiva e partecipativa della sicurezza e della salute sul lavoro. Il tema delle campagne per il triennio 2023-2025 è “Lavoro sicuro e sano nell’era digitale”.
 

Se da una parte per i datori di lavoro non è facile effettuare le tradizionali valutazioni dei rischi per la salute e la sicurezza presso l’abitazione di un lavoratore, “le valutazioni dei rischi sono più necessarie che mai. Pertanto, è importante aumentare la nostra conoscenza sulle pratiche OSH e sugli strumenti pratici correlati al lavoro da remoto”.

PREPOSTO, ALCUNI CHIARIMENTI DAL MINISTERO DEL LAVORO.

11 ottobre 2024
 

Il Ministero del Lavoro, con l’interpello n. 4 del 30 settembre 2024, ha fornito chiarimenti riguardo l’obbligo di presenza del preposto nei cantieri, rispondendo ai quesiti posti dalla Camera di Commercio di Modena.
 

La Commissione ha chiarito che la presenza del preposto è obbligatoria, indipendentemente dal numero di lavoratori coinvolti nell’attività, e che questa figura deve essere presente sul luogo di lavoro per svolgere le proprie funzioni di controllo e vigilanza e che, se un’impresa è composta da un solo lavoratore, quest’ultimo non può essere preposto di sé stesso.

LA SICUREZZA SUL LAVORO ENTRA NELLA SCUOLA: SÌ DEL SENATO.

11 ottobre 2024
 

Il Senato ha approvato, con 76 voti favorevoli, nessun contrario e 54 astenuti, il disegno di legge che introduce l’insegnamento della sicurezza nei luoghi di lavoro, nell’ambito dell’educazione civica, nelle scuole italiane. Il provvedimento mira a diffondere nelle scuole le conoscenze di base sul diritto del lavoro e sulla sicurezza, con l’obiettivo di formare cittadini consapevoli dei diritti, doveri e tutele dei lavoratori.

 

Una delle novità principali è l’inclusione di testimonianze di vittime di infortuni sul lavoro, che forniranno un collegamento diretto tra la teoria e le esperienze vissute. Ora il provvedimento dovrà tornare alla Camera.

PATENTE A CREDITI, È LEGGE TRA CRITICHE E POLEMICHE.

11 ottobre 2024


È partita come da programma, non senza evidenti zoppìe (l’autocertificazione disposta all’ultimo momento per ovviare a un possibile corto circuito digitale nel click day), critiche e polemiche varie, la patente a crediti nel settore dell’edilizia.
 

Dal primo ottobre poco meno di un milione di aziende del settore edile saranno tenute ad esibirla per poter accedere ai cantieri.
 

Per molti addetti ai lavori è un primo passo per una qualificazione del settore, per altri è solo l’ennesimo orpello burocratico che torna sempre utile nelle prese di posizione a seguito degli incidenti sul lavoro.
 

C’è poi chi ne sottolinea l’inconsistenza senza i necessari adeguamenti nei controlli e nelle procedure giudiziali. E, infine, per altri ancora mancano capitoli importanti, come quello che riguarda gli appalti e i subappalti, che rappresentano il vero punto debole della filiera per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro.

 

L’impresa con più unità produttive può ottenere la patente a punti per lavorare nei cantieri solo se i datori di lavoro di tutti gli stabilimenti hanno redatto il Documento di valutazione dei rischi e designato l’RSPP.
 

Lo chiarisce l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) che il 4 ottobre 2024 ha pubblicato sul proprio sito istituzionale le prime FAQ sulla patente a punti, fornendo importanti precisazioni sui contenuti della circolare n. 4/2024. 

 

L’Ispettorato precisa che fino all’entrata in vigore del futuro accordo Stato-Regioni in materia di formazione, per ora ancora in bozza, l’impresa, per ottenere la patente dovrà dichiarare di aver adempiuto agli obblighi formativi, tenendo conto della normativa vigente alla data di presentazione della dichiarazione.

 

Nei primi sette mesi del 2024 rispetto allo stesso periodo del 2023 le denunce di infortunio nel settore delle costruzioni sono aumentate di 2.825 unità.
 

Se tra gennaio e luglio dell’anno scorso gli infortuni hanno interessato 18.727 persone, quest’anno sono saliti a 21.552 (+15,1 per cento). I numeri, quindi, parlano da soli.

 

La prospettiva, come sottolinea Alessandro Genovese, segretario della Fillea-Cgil, di “avere in dotazione un pacchetto di punti abbastanza alto associato alla possibilità, remota, di perderli”, non è certo confortante.
 

Quasi tutti gli addetti ai lavori, a partire dall’Ance, mettono in evidenza che il vero nodo è a monte. “Dobbiamo fare un grande sforzo – dice Federica Brancaccio, presidente dell’Ance – per consolidare la formazione e la cultura della prevenzione”.
 

Per la Cgia di Mestre, è proprio della fase preventiva il rafforzamento dei controlli. “Con questo nuovo strumento difficilmente si riuscirà a ridurre drasticamente l’elevato numero di infortuni e di morti bianche che, purtroppo, caratterizzano il settore delle costruzioni – si legge in un comunicato -. Per contrastare queste tragedie bisognerebbe aumentare sensibilmente il numero dei controlli ed eseguirli con più efficacia. L’attività ispettiva, infatti, dovrebbe privilegiare i profili sostanziali di sicurezza e di salute nei cantieri, anziché soffermarsi, come spesso accade oggi, sugli aspetti formali privi di alcuna valenza preventiva”.

 

Daniele Cirioli su “Italia Oggi” fa notare che pesando i criteri di attribuzione emanati dal ministero del Lavoro nell’apposita circolare uscita pochi giorni fa, si arriva alla conclusione che gli incrementi di punteggio potranno essere realizzati solo dalle grandi imprese: anni di anzianità dell’impresa, investimenti in attrezzature tecnologiche, in formazione e prevenzione e alla dimensione della forza lavoro.
 

Un altro ‘baco’ è stato scovato da Raffaele Guariniello, che evidenzia alcuni problemi applicativi della legge, relativamente alle condizioni che devono verificarsi affinché possa essere rilasciata la patente. “Tra queste – spiega – l’adempimento da parte dei lavoratori autonomi degli obblighi formativi previsti dal decreto legislativo 81 del 2008. 

 

Peccato che all’articolo 21 il decreto 81 dica che i lavoratori autonomi hanno la facoltà di formarsi. E allora, come si fa a condizionare in questo caso la patente a punti all’adempimento degli obblighi formativi? Altro esempio, la condizione basata sul possesso del Documento di valutazione dei rischi da parte dell’azienda. E il caso in cui è posseduto ma elaborato male?”.
 

A far discutere, sottolinea Ugo Ettore Di Stefano, Senior partner e responsabile del Dipartimento Privacy & Corporate Compliance di Lexellentè, “probabilmente solo la sperimentazione sul campo potrà aiutare a correggere le eventuali distorsioni e a far sì che non vengano aggirate le norme, per esempio mediante operazioni societarie”. 

 

“Resta da dire che le imprese probabilmente non hanno ancora pienamente compreso – aggiunge – l’impatto di questa normativa sugli adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro. Le nuove regole non valgono infatti per le sole imprese edili, ma per tutte le imprese e anche i lavoratori autonomi che operano fisicamente nei cantieri, ad esclusione delle prestazioni intellettuali come ad esempio ingegneri, architetti, etc.”

FORMAZIONE: ACCORDO STATO-REGIONI.

11 ottobre 2024
 

Da oltre due anni è in corso una ampia discussione Stato-regioni sulla riformulazione degli accordi in tema di formazione per la sicurezza. Questa estate è circolata una bozza del nuovo accordo e ora si attende che il ministero del Lavoro compia l’ultimo miglio.
 

Tra gli addetti ai lavori c’è stato comunque un ampio confronto di merito. L’impressione generale è che finalmente si sia maturato un punto di vista complessivo, in soluzione di continuità con i precedenti interventi spot, tra un infortunio e un altro, e modifiche varie del dlgs 81/2008, senza contare l’accumularsi di accordi nazionali e delibere delle singole regioni spesso contraddittorie, con obblighi aggirabili e nella quasi totale assenza di un sistema di sorveglianza dedicato e senza indirizzi chiari. 

 

Aspetto sicuramente importante, perché il testo potrebbe dare adito a interpretazioni normative cavillose, moltiplicando così la mole di ricorsi e sentenze. 

 

A parte questo, “ci sono sicuramente alcune novità importanti, come il Fascicolo del corso. Il soggetto formatore è tenuto a custodire la documentazione per un certo tempo. E questo è importante perché responsabilizza i soggetti formatori. E ancora, è centrale l’idea del progetto formativo e il fatto che non sarà più sufficiente una semplice verifica dell’apprendimento a fine corso, ma verrà richiesta una verifica dell’efficacia formativa a distanza di tempo”.
 

Va da sé che a carico dei soggetti formatori ci sono maggiori responsabilità e più compiti, ma questo servirà anche a ‘sfrondare’ il settore, che in più di qualche caso ha mostrato evidenti lacune, proprio sul piano dell’affidabilità e della certificazione. 

 

Certo, quello che si nota è che il legislatore ha lavorato “non proprio gomito a gomito con chi opera sul campo”. Ha la sua rilevanza, questo, in un ambito in cui l’innovazione è all’ordine del giorno. Chi può prevedere, per esempio, quali sviluppi potrebbe avere la somministrazione dei contenuti in un momento in cui il digitale e l’AI stanno facendo passi da gigante?

 

Mancano, sembra di capire, procedure che consentano un agile adeguamento alle novità che il settore della formazione potrebbe presentare da qui a breve. Il rischio è di arrivare a nuovi emendamenti ed aggiunte estemporanee nei prossimi anni.
 

Infine, “ci sono sicuramente miglioramenti per quanto riguarda la disciplina delle attrezzature di lavoro”, anche se si sarebbe potuto fare un ulteriore sforzo per ridurre la leziosità e incrementare il pragmatismo del dettato. “Troppi burocratismi e specificazioni finiscono per depotenziare la norma”.

DDL LAVORO 2024: TUTTE LE NOVITA' PER LA SICUREZZA SUL LAVORO IN DISCUSSIONE ALLA CAMERA.

8 ottobre 2024


In discussione alla Camera il nuovo Disegno di Legge (DDL) Lavoro (2024) si amplia a 33 articoli. Al suo interno troviamo diverse novità in materia di lavoro e tante previsioni in materia di sicurezza sul lavoro; in particolare in tema di sorveglianza sanitaria e ruolo del medico competente.

 

Spiccano le modifiche della disciplina sulla visita medica preassuntiva, l’eliminazione dell’obbligo di visita medica precedente alla ripresa del lavoro (solo se necessaria) e soprattutto la sollecitazione dell’Accordo su tossicodipendenza e alcoldipendenza.
 

Si introduce una procedura amministrativa unica per i lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei e si abrogano le nome (diverse dal TUS) sulle tessere personali di riconoscimento nei cantieri edili.

Sorveglianza sanitaria e ruolo del medico competente: le novità del Decreto lavoro 2024

All’interno del DDL Lavoro molte previsioni riguardano la figura del medico competente e le visite da esso svolte. In particolare, con riferimento alla sorveglianza sanitaria dei lavoratori (articolo 1) si prevede:

  • Elenco Medici competenti di salute e sicurezza sul lavoro: richiesto aggiornamento da parte del Ministero Lavoro in base alla verifica periodica del requisito specifico inerente all’educazione continua in medicina;
  • visita medica preventiva in fase preassuntiva: costituirà una delle modalità di adempimento dell’obbligo di visita medica preventiva intesa a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro;
  • visita preassuntiva: eliminata la possibilità che sia svolta (su scelta del datore di lavoro) dal dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria locale, anziché dal medico competente, e che quest’ultimo, nella prescrizione di esami ritenuti necessari in sede di visita preventiva, tenga conto delle risultanze dei medesimi esami e indagini già effettuati dal lavoratore al fine di evitarne la ripetizione, qualora lo ritenga compatibile con le finalità della visita preventiva;
  • visita medica precedente alla ripresa del lavoro dopo assenza per malattia superiore a 60 giorni: l’obbligo sussiste solo qualora la visita sia ritenuta necessaria dal medico competente. Qualora questi non ritenga necessario procedere alla visita, è tenuto a dichiararlo tramite il rilascio di apposito giudizio di idoneità alla ripresa della mansione specifica;
  • Accordo tossicodipendenza e dell’alcoldipendenza: entro il 31 dicembre 2024 la consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
  • ricorsi contro i giudizi del medico competente: l’autorità competente sarà l’azienda sanitaria locale
  • Commissione per gli interpelli (4 componenti con profilo giuridico).

 

Lavori in locali chiusi sotterranei/semisotterranei  

Il DDL Lavoro 2024 prevede una modifica delle condizioni alle quali è subordinato lo svolgimento di lavori in locali chiusi sotterranei o semisotterranei, tra l’altro sopprimendo la condizione della sussistenza di particolari “esigenze tecniche” e definendo una procedura amministrativa unica per la possibilità delle lavorazioni nei locali in oggetto.

Cantieri edili: tessere personali.

 

Il DDL Lavoro 2024 mira ad abrogare alcune norme relative agli obblighi inerenti alle tessere personali di riconoscimento nei cantieri edili, in considerazione del fatto che tale disciplina è stata successivamente definita dal D.Lgs. 81 del 2008, che, con riferimento a tutte le attività svolte in regime di appalto o subappalto, a prescindere dalla sussistenza o meno di un cantiere edile, richiede che i datori di lavoro muniscano i lavoratori dipendenti delle suddette tessere e che i medesimi lavoratori, nonché i lavoratori autonomi, tengano esposte tali tessere sul luogo di lavoro.

 

Stato di salute e sicurezza del Paese: nuovo obbligo per il Ministero Lavoro

Il Disegno di legge Lavoro prevede anche che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali rediga una Relazione annuale sullo stato della sicurezza nei luoghi di lavoro, sugli interventi da adottare e sugli orientamenti e i programmi legislativi che il Governo intende prendere al riguardo per l’anno in corso, da presentare alle Camere entro il 30 aprile di ciascun anno con riferimento all’anno precedente.

 

Assicurazione infortuni e malattie professionali

Nell’articolo 2 c’è poi spazio per le modifiche alla disciplina per la definizione dei ricorsi in materia di applicazione delle tariffe dei premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Inoltre, si richiede che anche l’INAIL possa recuperare le somme indebitamente versate dallo stesso Istituto successivamente al decesso dei beneficiari (articolo 3);

 

Il DDL prevede anche la modifica alla disciplina dei ricorsi in materia di prestazioni dell’assicurazione contro gli infortuni in ambito domestico, prevedendo che gli stessi siano decisi dalla sede INAIL che ha emesso il provvedimento ritenuto illegittimo e non più dal comitato amministratore del Fondo autonomo speciale istituito ad hoc per la gestione delle prestazioni Inail in favore dei suddetti lavoratori domestici (articolo 4);

 

Infine, il DDL Lavoro 2024 prevede che, dal 1° gennaio 2025, le comunicazioni di decesso trasmesse all’INPS, siano messe a disposizione dell’INAIL (articolo 5).

LA SICUREZZA DEL LAVORO PREVALE SULLE NORME PER LA CONCORRENZA. SENTENZA.

27 settembre 2024

 

Non comporta conseguenze per le norme sulla concorrenza la previsione del Capitolato tecnico che porti all’esclusione di un concorrente il cui prodotto può mettere a rischio la salute dei lavoratori, ai sensi del d.Lgs. n. 81/2008.

 

Una sentenza del Consiglio di Stato del 18 settembre 2024 (n.7634) ha confermato la legittimità dell’operato della Stazione appaltante. L’estromissione lamentata dal ricorrente era scaturita dalla ritenuta non conformità, rispetto alle caratteristiche tecniche previste dal Capitolato, del prodotto fornito, contenuto in un flacone di vetro, che non garantiva l’integrità in caso di rottura accidentale e la fuoriuscita del gas anestetico, costituendo un fattore di rischio per gli operatori che lo maneggiavano.

APPALTI, NELL’OFFERTA VANNO SEMPRE INDICATI GLI ONERI PER LA SICUREZZA.

24 settembre 2024


L’obbligo per l’impresa di indicare nell’offerta gli oneri per l’adempimento degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro non vale solo per le gare, ma anche per gli affidamenti diretti ai sensi del Dlgs 36/2023. 

 

Così si è espressa l’Autorità anticorruzione nella delibera del 30 luglio 2024, n. 396, rispondendo alla domanda di un’azienda sull’applicazione dell’articolo 108, comma 9, Dlgs 36/2023 (Codice appalti). 

 

Per l’Authority l’articolo 108, comma 9 che prevede l’obbligo ai sensi del T.u. sicurezza Dlgs 81/2008, si applica non solo alle gare aperte a tutti, ma anche nei casi in cui l’Amministrazione pubblica affidi direttamente il servizio senza gara. 

 

Infatti, l’articolo 48 del Dlgs 36/2023 prevede che le disposizioni del Codice appalti si applichino a tutte le tipologie di affidamenti, salvo differenti disposizioni.

PIATTAFORME DI LAVORO ELEVABILI, LE INDICAZIONI DEL MINISTERO DEL LAVORO.

24 settembre 2024


Con la circolare n. 7 del 12.09.2024 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato alcune indicazioni in materia di prevenzione dei rischi determinati dall’utilizzo delle piattaforme di lavoro elevabili (PLE). Il testo si sofferma sugli aspetti connessi alla progettazione, alla costruzione, alla verifica e all’utilizzo in sicurezza delle macchine.

 

L’analisi dei dati raccolti dal Coordinamento tecnico Interregionale del Dicastero, che ha visto anche la partecipazione dell’Inail, ha evidenziato che l’alto tasso di infortuni registrato è riferibile nello specifico caso a cedimenti strutturali (fenomeni di fatica, imbozzamento e non corretta esecuzione delle saldature) che si sono presentati su macchine installate su veicolo con meno di 10 anni di vita ovvero con meno di 10 anni di vita dalla loro prima messa in servizio; per cui gli aspetti connessi alla progettazione e fabbricazione sembrano risultare rilevanti nella determinazione dell’evento incidentale.

 

Inoltre, il Ministero ha indicato anche le zone e i componenti delle piattaforme dove più frequentemente si sono riscontrati cedimenti strutturali. Si tratta di zone di articolazione e rotazione della piattaforma di lavoro, bracci articolati e telescopici, zone con rinforzi locali (es. fazzoletti), torretta porta ralla, stabilizzatori, cilindri di sollevamento o di estensione dei bracci.

 

Il Ministero richiama l’attenzione sulla necessità di mantenere costantemente sotto osservazione e documentare l’effettivo stato di conservazione della macchina mediante le attività, sia ordinarie, sia straordinarie, di controllo e manutenzione, effettuate da personale delle ditte utilizzatrici e di verifica periodica di tali attrezzature, effettuate sia da soggetti pubblici (ASL/ARPA, INAIL), sia da soggetti pubblici e privati abilitati.

 

In coerenza con la logica preventiva, il Ministero ha raccomandato all’autorità vigilante e ai soggetti privati abilitati alle verifiche periodiche, di porre scrupolosa attenzione all’esame dello stato di conservazione della macchina, supportando tale valutazione con le evidenze del registro di controllo. 

 

La regolarità di tale documento non esclude la necessità di sospendere l’attività di verifica periodica per far eseguire ulteriori controlli e approfondimenti tecnici in considerazione dell’effettivo stato di manutenzione e conservazione.

 

Tali attività sono parte essenziale di un processo finalizzato a mantenere le condizioni di sicurezza durante l’intero ciclo di vita delle macchine. La circolare ribadisce l’importanza e la necessità di conservazione, tra le altre cose, della seguente documentazione:

  1. comunicazione di messa in servizio;
  2. scheda tecnica o certificato di prima verifica periodica/omologazione;
  3. istruzioni del fabbricante fornite a corredo dell’attrezzatura;
  4. verbali di verifica periodica;
  5. registro di controllo nel quale devono essere riportati tutti i controlli e le manutenzioni condotte, secondo quanto previsto dal fabbricante nelle istruzioni d’uso, ivi compresi gli esiti di eventuali indagini approfondite;
  6. esito dell’indagine supplementare di cui al D.I. 11 aprile 2011.

RLS, LA CORTE DI CASSAZIONE RIBADISCE LA NATURA SINDACALE DELL’INCARICO.

12 settembre 2024


Importante sentenza della Corte di Cassazione (sez. Lavoro/23850 del 5 settembre 2024) sulla figura del Rappresentante dei lavoratori per la Sicurezza. I giudici hanno dichiarato illegittima la sanzione disciplinare (sospensione di dieci giorni dalla prestazione lavorativa e dallo stipendio) inflitta da un’azienda a un dipendente per le sue dichiarazioni ai media in materia di incidenti sul lavoro. 

 

L’elemento interessante della sentenza è che, oltre a ribadire la centralità dell’articolo 39 della Costituzione, sulla libertà di organizzazione sindacale, l’attività del RLS debba essere equiparata a quella di un rappresentante sindacale. Si tratta di un pronunciamento che ripropone una annosa questione sulla natura ‘collaborativa’ oppure ‘oppositiva’ di RLS.
 

La Corte di cassazione ci fa capire che il fatto di rappresentare i lavoratori in seguito ad un atto di elezione pone questa figura nell’ambito dell’organizzazione sindacale e che quindi la sua tutela deve essere garantita in tutto e per tutto, come per le altre figure sindacali. Quindi, pur essendo come lavoratore vincolato alla subordinazione è, in quanto rappresentante sindacale, libero nell’esercizio delle sue funzioni.
 

In più la Corte di Cassazione ha ravvisato nel profilo delle dichiarazioni rese ai media dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza caratteristiche “nei limiti della continenza e riconducibili al diritto di critica”; tali limiti vengono superati solo con l’attribuzione all’impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati.
 

I giudici di legittimità non hanno mancato, inoltre, di evidenziare che, ricomprendendo il ruolo di RLS nell’area dei soggetti tutelati come i lavoratori sindacalisti quali portatori di interessi collettivi, “la manifestazione di solidarietà ad altri lavoratori con generale valenza politico-sindacale rientra nell’ambito del diritto di critica e del diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelati”.

NORMA ESTINTORI UNI 9994-1

05 settembre 2024
 

Aggiornata la norma UNI 9994-1 sulla manutenzione per gli estintori antincendio per quello che riguarda il controllo iniziale e la manutenzione.
 

Questo aggiornamento, promosso dalla Commissione Protezione Attiva contro gli Incendi, è stato pubblicato con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e l’efficienza delle apparecchiature utilizzate per la protezione antincendio.

 

La norma rivista si intitola “Apparecchiature per estinzione incendi – Estintori di incendio – Parte 1: Controllo iniziale e manutenzione” e si concentra su una serie di procedure tecniche volte a garantire che gli estintori mantengano le loro caratteristiche funzionali nel tempo.

Nuova norma UNI 9994-1 sulla Manutenzione Estintori

UNI 9994-1 stabilisce le modalità operative per:

  • sorveglianza
  • controllo iniziale
  • controlli periodici
  • revisioni programmate
  • collaudo degli estintori.

 

L’obiettivo principale della norma è quello di assicurare che gli estintori siano sempre in perfette condizioni di funzionamento, attraverso un’attenta gestione della loro manutenzione. Tuttavia, la norma non copre gli aspetti legati all’installazione degli estintori stessi, concentrandosi invece su ciò che accade successivamente.

 

Uno degli elementi più importanti della revisione riguarda la frequenza degli interventi di revisione e collaudo, che sono stati ridefiniti per migliorare la sicurezza.

 

La persona incaricata del controllo degli estintori ha la responsabilità di organizzare un programma di manutenzione dettagliato, mantenendo una documentazione accurata di tutte le ispezioni effettuate.

 

Seguire la norma e le istruzioni fornite dal produttore è fondamentale per garantire l’efficacia degli estintori nel tempo. La manutenzione regolare non solo preserva la funzionalità degli estintori, ma contribuisce anche a mantenere il livello di protezione contro il rischio di incendio raggiunto durante l’installazione.

 

Le attività di manutenzione sono suddivise in fasi specifiche, ognuna delle quali ha una sua cadenza e un insieme di operazioni da seguire.

 

Tra le responsabilità principali della persona designata alla manutenzione rientra la sorveglianza degli estintori.

 

Tuttavia, la manutenzione operativa deve essere eseguita da tecnici qualificati o da aziende specializzate, che dispongono delle competenze necessarie per garantire che tutto avvenga in conformità con la norma.

 

Inoltre, è richiesto che queste persone competenti abbiano le attrezzature appropriate per svolgere il lavoro in modo accurato ed efficiente. L’osservanza delle istruzioni del produttore, oltre che delle indicazioni della norma, è essenziale per eseguire correttamente le varie attività di manutenzione. In caso di rischi particolari, potrebbero essere richiesti ulteriori interventi di controllo, da valutare insieme a persone esperte.

 

Le principali attività di sorveglianza e manutenzione individuate dalla norma sono:

  • Sorveglianza
  • Controllo iniziale
  • Controllo periodico
  • Revisione programmata
  • Collaudo
  • Manutenzione straordinaria

 

La norma fa anche riferimento alla UNI EN 3-7, una norma di prodotto che descrive le caratteristiche, i requisiti di prestazione e i metodi di prova per gli estintori portatili. Questo collegamento normativo sottolinea l’importanza di mantenere elevati standard tecnici in tutte le fasi del ciclo di vita di un estintore, dalla produzione fino alla manutenzione periodica.

 

Aggiornamento norma UNI 9994-1: novità 2024

La nuova normativa introduce importanti aggiornamenti rispetto alla versione precedente, tra cui modifiche rilevanti alla classificazione degli estintori a base d’acqua e alle tempistiche per la revisione e il collaudo.

 

Per quanto riguarda gli estintori a base d’acqua, la classificazione ora distingue tra:

  • Estintori a pressione permanente, che possono contenere solo acqua, oppure acqua con additivi, inclusi quelli privi di fluoruri, o additivi contenuti in cartucce separate.
  • Estintori a pressione ausiliaria, suddivisi in categorie simili ai precedenti, con la possibilità di contenere acqua semplice, acqua con additivi privi di fluoruri o additivi separati.

 

 

La norma UNI 9994-1:2024 stabilisce inoltre nuove frequenze per le operazioni di revisione e collaudo, diversificate in base alla tipologia di estintore:

  • Estintori a polvere: revisione ogni 5 anni (precedentemente ogni 3 anni) e collaudo ogni 10 anni (in precedenza ogni 12 anni).
  • Estintori a CO2: revisione ogni 5 anni e collaudo ogni 10 anni.
  • Estintori a idrocarburi alogenati: revisione ogni 6 anni e collaudo ogni 10 anni.
  • Estintori a base d’acqua a pressione permanente: revisione a intervalli variabili di 24, 48 o 60 mesi e collaudo a 72 o 120 mesi, in funzione della tipologia e dei materiali impiegati.
  • Estintori a base d’acqua a pressione ausiliaria: le tempistiche sono analoghe agli estintori a pressione permanente, con intervalli di revisione di 24, 48 o 60 mesi e collaudi a 72 o 120 mesi.

 

Tra gli ulteriori aggiornamenti, sono inclusi:

  • Revisione della terminologia, con l’introduzione di nuovi termini, come la sostituzione di “prototipo omologato” con “prototipo autorizzato”.
  • Controllo del trattamento di plastificazione interna per i serbatoi degli estintori ad acqua a pressione permanente durante la manutenzione.
  • La procedura di manutenzione straordinaria è stata semplificata, mentre quella relativa al collaudo non ha subito variazioni.
  • Conferma del termine di 18 anni come limite per il ritiro degli estintori dal servizio.
  • Ricambi e agenti estinguenti devono essere conformi al prototipo certificato e dichiarati tali dal produttore.
  • Obbligo di consegnare una copia del documento di manutenzione al committente al termine delle operazioni.

INDAGINI PRIVATE PER ACCERTARE LA MALATTIA DEL LAVORATORE.

5 settembre 2024


La Corte di cassazione, con l’Ordinanza n. 21766 del 2 agosto 2024, ha stabilito che il datore di lavoro può effettuare, al di fuori delle verifiche sanitarie, gli accertamenti volti a provare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato d’incapacità lavorativa rilevante, e quindi, a giustificare l’assenza. 

 

Nel caso in esame un lavoratore era stato licenziato perché, durante le giornate di assenza per malattia, era stato colto, utilizzando accertamenti investigativi, a svolgere attività extra-lavorative incompatibili con la malattia certificata ovvero si trovava in uno stato di salute compatibile con la prestazione lavorativa.

SICUREZZA SUL LAVORO, C’È RESPONSABILITÀ DEL CDA.

26 luglio 2024


Gli obblighi antinfortunistici gravano su tutti i componenti del Consiglio di amministrazione (Cda) di un’azienda e l’eventuale delega sulla sicurezza non li esonera dal dovere di controllo e intervento. 

 

A sottolinearlo è la Corte di cassazione, che con sentenza 22586/2024 ha chiarito che nelle società di capitali la delega conferita a uno degli amministratori per l’esercizio di determinate funzioni (cd. delega di gestione), comprese quelle in materia antinfortunistica, può ridurre la portata della posizione di garanzia di un altro componente del Cda, ma non escluderla “non potendo essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo nel caso di mancato esercizio della delega”. 

 

Il principio è stato affermato dalla Corte nell’ambito di un procedimento a carico di una società ex Dlgs 231/2001 per il reato presupposto di lesioni commesso dal presidente del Cda ai danni di un dipendente, in particolare per non averlo formato adeguatamente sul corretto uso delle attrezzature di lavoro.

VALUTAZIONE DEI RISCHI IN OTTICA DI GENERE: LE INDICAZIONI INAIL

24 luglio 2024


Disponibile gratuitamente sul sito di INAIL il volume: La valutazione dei rischi in ottica di genere (inail.it), il primo di una serie dedicata all’integrazione della valutazione dei rischi in ottica di genere
 

La valutazione dei rischi in ottica di genere: cosa c’è nel Volume INAIL

La pubblicazione è organizzata in:

  • una parte generale per inquadrare e contestualizzare il tema della valutazione dei rischi in ottica di genere, il quadro occupazionale ed un approfondimento su infortuni e malattie professionali;
  • una parte applicativa riportante delle schede di rischio finalizzate all’integrazione della valutazione dei rischi in ottica di genere e un’appendice statistica che delinea il quadro occupazionale, infortunistico e tecnopatico.

 

Al suo interno anche un’analisi della letteratura tecnico-scientifica, le principali esperienze realizzate in Italia negli anni passati, anche per fornire un quadro teorico alla base del percorso metodologico necessario per adempiere efficacemente al dettato normativo.

Come differenziare il rischio di genere

INAIL ricorda come le differenze di sesso afferiscano alla sfera biologica, mentre la differenza di genere afferisce alla sfera sociale e culturale.

 

Partendo da qui vengono proposti dei criteri per una più efficace valutazione in ottica di genere dei rischi per la salute e la sicurezza e dei rischi organizzativi/trasversali, che sono approfonditi in modo specifico. Si fa anche riferimento alle risultanze della medicina e della tossicologia di genere e dei principali aspetti tecnici derivanti dalle conoscenze finora acquisite.

 

Spiega INAIL che per facilitare il processo di integrazione dei documenti di valutazione dei rischi già redatti dai datori di lavoro, viene proposto un primo gruppo di schede sintetiche che, a partire da una breve descrizione del rischio, evidenziano se lo stesso sia “neutro”, ovvero indifferenziato rispetto al genere, o abbia talune specificità di genere anche in relazione ai danni connessi ed alle misure di prevenzione e protezione differenziate.

 

La valutazione del rischio in un’ottica di genere: cosa significa?

L’art. 28 del d.lgs. 81/2008 e s.m.i. prevede che il datore di lavoro valuti tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori, chiarendo, con il termine “ivi compresi”, che devono essere valutati, anche quelli connessi alle differenze di genere, all’età e alla provenienza da altri Paesi.

 

Cosa significa allora l’integrazione del DVR in un’ottica di genere?

Il Testo Unico di Sicurezza non ha fornito indicazioni di metodo  e ciò significa che non si tratta di redigere un nuovo documento di valutazione del rischio, con inutile dispendio di denaro e di energie; si tratta semmai di leggere in questa ottica il proprio DVR aziendale per individuare i punti che necessitano di un’integrazione.

 

Perché serve una valutazione dei rischi in ottica di genere?

Una corretta conoscenza e valutazione dei rischi in ottica di genere è imprescindibile per l’attuazione di interventi di prevenzione più mirati ed efficaci.

 

Tradizionalmente, la normativa in tema di salute e sicurezza sul lavoro non ha fatto distinzione tra i diversi generi, tanto che luoghi di lavoro, macchine e attrezzature, postazioni di lavoro e persino i DPI sono stati progettati e resi disponibili per individui occidentali, di sesso maschile di corporatura ed età medie e standardizzata.

 

Occorre tenere conto che non solo uomini e donne possono essere esposti a rischi diversi nei vari comparti di lavoro, ma possono rispondere in maniera diversa alla stessa esposizione a un determinato rischio. Inoltre, alcuni rischi necessitano di essere ulteriormente indagati, proprio al fine di raggiungere una tutela delle persone esposte più efficace e specifica.

 

Tuttavia, la valutazione dei rischi in ottica di genere ad oggi riscontra difficoltà attuative e carenza di metodologie standardizzate.

 

I passi per la valutazione del rischio in ottica di genere

È significativo in questo volume INAIL, l’individuazione dei passi da compiere suggeriti da INAIL:

  1.  fare una “fotografia” dell’azienda che permetta di definire alcuni indicatori significativi, quali ad esempio la popolazione lavorativa differenziata per sesso, anche in relazione alle posizioni ricoperte, ai ruoli agiti sia in azienda che nella gestione della salute e sicurezza, l’accesso alla formazione/informazione non obbligatorie, la possibilità di sviluppo di carriera, ecc.
  2. Tale analisi permette quindi di individuare disuguaglianze nell’accesso alla formazione, agli scatti di carriera e ciò può costituire le basi per intraprendere un percorso di gender equality, con l’obiettivo non solo di aumentare la presenza femminile in azienda garantendo pari opportunità di carriera, ma anche di assicurare un ambiente di lavoro che rifiuti stereotipi, discriminazioni, abusi fisici, verbali o digitali.
  3. A seguire, i risultati possono essere alla base dell’adozione di un sistema di gestione per la parità di genere che può condurre anche alla certificazione in base alla prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022.

 

Le schede di rischio in ottica di genere

È una parte fondamentale della monografia INAIL: l’Istituto propone un primo gruppo di schede di rischio in ottica di genere, riepilogative dei principali elementi di pericolo.

 

Vengono compilate secondo un format rivisto e attualizzato, organizzate in modo sistematico per essere un supporto alla valutazione del rischio, evidenziando, a partire da una breve descrizione del rischio, se lo stesso sia “neutro”, ovvero indifferenziato rispetto al genere, o abbia talune specificità di genere anche in relazione ai danni connessi e alle misure di prevenzione e protezione differenziate.

 

I ricercatori INAIL chiariscono, a proposito delle misure di prevenzione e protezione proposte che esse mirano a garantire, e non ad escludere, un pari accesso ad ogni mansione a tutti i lavoratori tutelandone la salute e la sicurezza.

 

Come usare le schede di rischio per la valutazione del rischio in ottica di genere

Le schede sono di colori diversi in base alle varie tipologie di rischio, per essere agevolmente individuabili.

 

Riportano in maniera molto sintetica i principali aspetti su cui puntare l’attenzione sia in termini di analisi del rischio che in termini di prevenzione e protezione, evidenziando anche eventuali informazioni disponibili nella letteratura scientifica su una differenziazione degli effetti sulla salute.

 

Inoltre, richiedono un adattamento alla specifica realtà aziendale, mettono a sistema il materiale esistente, rendendolo immediatamente disponibile.

 

Cosa contengono le schede di rischio?

Le schede di rischio sono precedute da una scheda “preliminare” (scheda generale) che ha la funzione di rilevare e riportare tutti quegli elementi aziendali e organizzativi utili ad impostare correttamente la valutazione dei rischi in ottica di genere.

 

Dopo una breve descrizione del rischio, viene evidenziato se lo stesso, oltre ad essere “neutro”, ovvero trasversale ai due sessi, rappresenti delle specificità per l’uomo piuttosto che per la donna.

 

Nelle “fonti di rischio” sono elencati, in modo sintetico e non esaustivo, i settori produttivi, le lavorazioni o le mansioni in cui più frequentemente è presente il rischio in analisi.

 

Sono quindi trattati separatamente gli effetti sulla salute e sulla sicurezza, con evidenza dei danni di tipo neutro (nei casi in cui non vi siano evidenze scientifiche di differenziazione uomo/donna) e quelli specifici, nei casi in cui gli studi rivelino ad esempio esiti infortunistici o di salute diversi in base al sesso. Al loro interno si valutano le differenze nell’assorbimento, nel metabolismo, nell’escrezione, nei fattori od organi bersaglio. Sono differenziate per genere, laddove previsto anche le misure di prevenzione e protezione.

 

La pubblicazione è integralmente scaricabile dal sito di INAIL.

ORMEGGIATORI, NUOVE NORME DAL 20 LUGLIO.

15 luglio 2024


A partire dal 20 luglio 2024, entreranno in vigore nuove norme per la sicurezza sul lavoro degli ormeggiatori, come previsto dal DPR 19 aprile 2024, n. 93, che aggiorna il Codice della Navigazione (D.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328).

 

Le principali modifiche apportate: ridefinizione e specificazione degli scopi del servizio di ormeggio; organizzazione e controllo del servizio stesso; possibilità di operare in più porti; gli strumenti necessari per svolgere il servizio, garantendo che tutti i materiali siano adeguati e sicuri; procedura per l’iscrizione nel registro degli ormeggiatori; tariffe e trasparenza nei costi; accertamento dell’idoneità fisica degli ormeggiatori. 

 

Infine, l’Art. 214 disciplina la cancellazione dal registro degli ormeggiatori, definendo le condizioni e le procedure per la rimozione.

FORMAZIONE: IL MINISTERO LICENZIA LA BOZZA DEL NUOVO ACCORDO STATO-REGIONI.

15 luglio 2024


La bozza del nuovo Accordo Stato-Regioni (l’ultimo risale al 2011) accorpa e aggiorna i precedenti accordi e le normative del D.lgs. n. 81/2008, e promette di ridefinire le linee guida per la formazione obbligatoria nei luoghi di lavoro. Il testo, che è stato licenziato in maggio dal Ministero del Lavoro e classificato come ‘bozza definitiva’, ha richiesto più di due anni di gestazione.


Alcune importanti novità, a partire da una struttura formativa più articolata, certificata e mirata, con un’attenzione particolare alla specificità dei vari ruoli all’interno delle aziende, che sono in sostanza i preposti e i datori di lavoro. 

 

Per i primi, il corso passa da 8 a 12 ore e l’aggiornamento diventa biennale anziché quinquennale. Per i secondi c’è l’introduzione di un nuovo corso di 16 ore, con la facoltà di praticarle in e-learning. Modalità non prevista per quei datori di lavoro che intendono svolgere anche il ruolo di RSPP. I dirigenti vedono ridursi la durata del loro corso a 12 ore, ma con l’aggiunta di un modulo specifico per i cantieri.

 

Un’altra novità riguarda la formazione per chi opera in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. La durata del corso di 12 ore, con una parte teorica e una pratica, e la necessità di un’esperienza documentata per i docenti.
 

La formazione, nel complesso, sarà comunque sottoposta ai controlli degli organi di vigilanza, anche se per vederli operativi bisognerà aspettare un ulteriore passaggio legislativo.

 

Novità anche per quanto riguarda le attrezzature, che vedono l’entrata tra quelle normate di: carroponte, caricatori per la movimentazione di materiali macchina agricola raccogli-frutta.

 

Ci sono altre nuove indicazioni anche per quanto riguarda i soggetti formatori che devono necessariamente rientrare tra: istituzionali (ovvero le amministrazioni pubbliche), accreditati, altri soggetti (fondi interprofessionali, soggetti paritetici e associazioni sindacali). 

 

Le associazioni sindacali devono però avere certe caratteristiche strutturali come la presenza di sedi in almeno la metà delle province del territorio nazionale, la consistenza numerica degli iscritti e il numero complessivo dei Ccnl sottoscritti.
 

Per ciascun corso, il soggetto formatore dovrà predisporre il Progetto formativo, cioè il documento che descrive l’intero processo di progettazione, fin nei dettagli. Dovrà essere tenuto un registro e ogni partecipante dovrà frequentare almeno il 90% delle ore per poter essere ammesso alla verifica di apprendimento e ottenere l’attestato. 

 

Quattro le possibili modalità di erogazione: in presenza, in videoconferenza sincrona, in e-learning e in modalità mista.
 

In particolare, sono stati ridefiniti in modo chiaro i requisiti per i soggetti formatori accreditati, a cui si richiede come prerequisito un’esperienza documentata di almeno tre anni nella formazione in materia di salute e sicurezza. 

 

Aspetto quest’ultimo che comporterà l’adeguamento di molti centri di formazione per poter continuare ad erogare corsi in materia di salute e sicurezza e poter essere inseriti nell’elenco nazionale dei soggetti formatori.

 

Inoltre, a parziale deroga di questo assetto c’è da sottolineare che al fine di consentire alle aziende di svolgere la formazione direttamente verso i propri dipendenti, la bozza del nuovo accordo prevede che i datori di lavoro possono organizzare direttamente i corsi di formazione sulla sicurezza nei confronti dei propri lavoratori, preposti e dirigenti, rivestendo il ruolo di soggetto formatore.
 

Comunque, sempre la bozza prevede che, con atto successivo, e sentite le parti sociali e la Conferenza permanente Stato-Regione, potranno essere definiti i requisiti minimi dei soggetti formatori. E nello stesso atto si potrà procedere all’istituzione di un apposito elenco nazionale.

 

Dall’entrata in vigore del nuovo accordo, gli enti e le imprese avranno tempo 12 mesi per potersi adeguare alla normativa. In questo periodo transitorio i corsi erogati conformemente alle norme abrogate saranno comunque validi.
 

Secondo alcuni esperti del settore “le novità introdotte promettono di innalzare il livello di consapevolezza e preparazione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Tuttavia, sarà fondamentale monitorare l’implementazione pratica di queste disposizioni per evitare che restino solo sulla carta”. 

 

È indubbio che si vada vero una maggiore modernizzazione, ma resta ora da vedere se il sistema produttivo italiano saprà cogliere appieno questa opportunità, trasformando le novità normative in reale progresso per la sicurezza dei lavoratori.

SENTENZE DELLA CORTE DI CASSAZIONE SU MOBBING E SOFFERENZE PSICHICHE NEI LUOGHI DI LAVORO.

20 giugno 2024


Il datore di lavoro è responsabile per i danni alla salute causati al dipendente da un ambiente lavorativo troppo stressante, anche in assenza di atti qualificabili come mobbing. In sintesi, è il contenuto di due recenti sentenze della Corte di cassazione Civile, Sezione lavoro, la 2084 e la 3791.

 

La 2084 riguarda la richiesta risarcitoria avanzata da un lavoratore nei confronti del datore di lavoro, diretta ad ottenere un ristoro a causa delle sofferenze psichiche patite in ufficio. La domanda risarcitoria era stata accolta in primo grado ma respinta in appello. La Corte territoriale aveva rigettato la pretesa non avendo riscontrato l’intento persecutorio che rappresenta un elemento costitutivo del mobbing. Da qui il ricorso in Cassazione da parte del dipendente.
 

Nell’esaminare il caso in oggetto, la Suprema Corte ha innanzitutto evidenziato la sussistenza dell’obbligo del datore di lavoro di astenersi da adottare scelte o comportamenti lesivi, già di per sé, della personalità morale del lavoratore, come l’applicazione di condizioni di lavoro stressogene, oltre a tenere comportamenti più gravi come mobbing, straining, burn out, molestie, stalking.
 

Secondo le regole generali sugli obblighi risarcitori legati al contratto e alla responsabilità che ne deriva, la Corte di Cassazione ha inteso configurare la responsabilità del datore di lavoro anche nel caso di un mero inadempimento che rientri in nesso causale con un danno alla salute del dipendente.
 

Secondo la Cassazione, quindi, la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare, anche in assenza di un intento persecutorio, le varie condotte caso per caso, alla luce della violazione dell’art. 2087 cod. civ. ovvero: “L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
 

Va infatti specificato che tale circostanza era stata esclusa nella sentenza impugnata, in ragione dell’accertata insussistenza di un comportamento programmaticamente e volontariamente vessatorio.

 

Nella sentenza 3791 la Corte si è espressa su una lavoratrice che aveva citato in giudizio il Ministero dell’Istruzione, affermando di aver subito per lungo tempo comportamenti mobbizzanti da parte di un collega.
 

Le corti di I e II grado di giustizia avevano rigettato la sua richiesta poiché non era stata provata la presenza di mobbing. Invece, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto che nelle sentenze fosse stato erroneamente ignorato l’obbligo, da parte del datore di lavoro, di verificare e prevenire il verificarsi di situazioni di stress nocivo nell’ambiente di lavoro, in linea con quanto previsto dall’articolo 2087 del Codice Civile.
 

Inoltre, nella sentenza si sottolinea l’importanza di valutare il rischio stress lavoro correlato nel contesto della valutazione dei rischi aziendali, come previsto dal Testo Unico sulla sicurezza che ricomprende questo obbligo nella redazione nel documento di valutazione rischi.

AGENTI CHIMICI E CANCEROGENI, L’ITALIA INIZIA IL PERCORSO DI ADEGUAMENTO ALLA DIRETTIVA UE.

20 giugno 2024


Arriva oltre la scadenza indicata dall’Ue (5 aprile ‘24) l’avvio dell’iter di recepimento da parte dell’Italia della direttiva 2022/431/Ue sugli agenti chimici e cancerogeni. In tempo utile, comunque, per provare ad evitare la lettera di costituzione in mora.

 

Per il momento il provvedimento uscito da Palazzo Chigi il 4 giugno rimanda a un successivo decreto legislativo, che avrà questi principali ambiti di intervento:

  • l’individuazione e la valutazione dei rischi;
  • l’esclusione o riduzione dell’esposizione (con la previsione di relativi valori limite);
  • le informazioni da fornire all’autorità competente;
  • le misure per i casi, prevedibili o non prevedibili, di aumento dell’esposizione;
  • l’accesso alle zone di rischio;
  • le misure igieniche e di protezione individuale;
  • l’informazione e la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti nonché la consultazione e partecipazione degli stessi;
  • la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti;
  • la conservazione della documentazione.

 

Inoltre, il provvedimento assicurerà la conformità al Piano europeo di lotta contro il cancro del 3 febbraio 2021, attraverso la previsione di obblighi specifici del datore di lavoro, anche in materia di formazione o informazione, e l’aggiornamento dell’attuale sistema di sorveglianza sanitaria.

 

L’articolo 14 della direttiva 2004/37/CE e l’allegato II trattano la sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti a rischi chimici e cancerogeni.

 

La direttiva (UE) 2022/431 estende l’ambito di tali norme alle sostanze tossiche per la riproduzione e modificano le medesime norme contemplando i seguenti punti:

  1. si prevede che il medico o l’autorità responsabile della sorveglianza sanitaria dei lavoratori possa esigere di sottoporre a sorveglianza sanitaria gli altri lavoratori (esposti in modo analogo) anche nei casi di superamento di un valore limite biologico (relativo ad un lavoratore);
  2. si specifica che la sorveglianza sanitaria può comprendere il monitoraggio biologico e i relativi requisiti;
  3. si prescrive che siano notificati all’autorità responsabile tutti i casi di cancro e di effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità delle lavoratrici e dei lavoratori adulti o sullo sviluppo della loro progenie che, in conformità delle leggi o delle prassi nazionali, risultino essere stati causati dall’esposizione a un agente cancerogeno o mutageno o a una sostanza tossica per la riproduzione durante l’attività lavorativa (si amplia così l’obbligo di notifica, in precedenza posto solo con riferimento ai casi di cancro derivanti da agenti cancerogeni o mutageni).

 

Il cancro causa il 53 % di tutti i decessi lavoro-correlati nell’UE. Solo nel 2020 secondo stime europee, a 2,7 milioni di persone nell’Unione europea è stato diagnosticato un tumore e 1,3 milioni di persone hanno perso la vita a causa di questa malattia.

 

l rischio cancro è ampiamente contemplato nel Quadro strategico in materia di salute e sicurezza sul lavoro 2021-2027: la Commissione intende infatti

  • aggiornare le norme dell’UE sulle sostanze pericolose per combattere il cancro, le malattie riproduttive e respiratorie;
  • sostenere le attività di sensibilizzazione sul cancro;
  • promuovere il codice europeo contro il cancro tra i lavoratori per migliorarne l’educazione sanitaria e ridurre i rischi di cancro;
  • sostenere attivamente il reinserimento, la non discriminazione e l’adeguamento delle condizioni di lavoro dei lavoratori che sono pazienti oncologici o sopravvissuti al cancro.

 

La Commissione sostiene che, nel quadro della strategia dell’UE in materia di sostanze chimiche sostenibili, occorre rivedere gli attuali valori limite di talune sostanze pericolose utilizzate nei settori esistenti ed emergenti, fattore importante per la prevenzione delle malattie professionali, in particolare il cancro.

AMBIENTI E SPAZI CONFINATI: LE MISURE DI SICUREZZA DA RISPETTARE.

7 maggio 2024

 

In occasione del recente tragico incidente sul lavoro avvenuto il 6 maggio 2024 a Casteldaccia, in provincia di Palermo, facciamo il punto sulla normativa di riferimento in materia di spazi confinati: le regole per la qualificazione delle stazioni appaltanti, gli obblighi del datore di lavoro, i pericoli per i lavoratori e alcuni strumenti informativi per prevenire il rischio e garantire la sicurezza di questi contesti di lavoro.

 

Strage di Casteldaccia: l’incidente, le vittime

In base alle risultanze delle indagini “riportate da AGI” , l’incidente ha riguardato cinque operai, e un sesto in gravissime condizioni: operavano in un ambiente saturo di gas, prodotto di fermentazione dei liquami durante una normale attività di manutenzione nella vasca dell’impianto di sollevamento di acqua reflue di via Nazionale dell’Amap, l’azienda acquedotti del Comune di Palermo.

 

La dinamica dell’incidente al momento ricostruisce un quadro in base al quale i lavoratori calatisi nell’attività hanno perso i sensi uno dopo l’altro a causa del gas tossico presente (idrogeno solforato). Agi riporta “l’assenza di protezioni e mascherine” .

 

Sull’incidente è stata avviata una inchiesta della procura di Termini Imerese, che ha disposto il sequestro dell’impianto.

 

Da Palermo a Firenze: la piaga infortuni ed il nodo del subappalto a cascata

 

Questo “incidente segue a quelli gravissimi di Firenze” con il crollo del cantiere Esselunga che ha riaperto la questione della qualificazione delle stazioni appaltanti e le criticità del “subappalto a cascata” . Aspetti questi che hanno portato al recentissimo Decreto PNRR-bis che ha riscritto l’art.27 del Testo unico di Sicurezza sul lavoro inserendo la “Patente a crediti” per l’edilizia.

 

Il mondo degli spazi confinati e sospetti di inquinamento, però, aveva già una sua regolamentazione autonoma con forme di qualificazione delle stazioni appaltanti ben individuate.

Ambienti-Spazi confinati: la normativa di sicurezza

La normativa per appalti e spazi confinati riferisce al Dpr 177/2011 per la qualificazione delle imprese che operano in questi ambienti.

 

Prim’ancora gli spazi confinati sono stati regolati nel testo Unico di Sicurezza sul lavoro: l’articolo 66 del D.Lgs. n.81/2008 delinea le disposizioni generali per l’esecuzione dei la[1]vori in ambienti sospetti di inquinamento mentre l’art. 121 si occupa della presenza di gas negli scavi.

 

Quali sono gli Spazi “confinati”?

Dalla lettura di entrambi gli articoli letti congiuntamente, individuano dunque come ambienti confinati: pozzi, pozzi neri, fogne, cunicoli, camini e fosse, gallerie e – in generale – ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili in cui sia possibile il rilascio di gas deleteri.

 

Il p.to 3  dell’allegato IV del D.Lgs. n.81/2008 definisce i  requisiti che devono possedere i luoghi di lavoro  costituiti da vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti e silos.

 

Spazi confinati e rischi per i lavoratori

Prima di effettuare i lavori è necessaria una preliminare e approfondita analisi per individuare i rischi connessi all’accesso in ambiente confinato e definire di conseguenza le idonee misure di prevenzione e protezione da mettere in atto.

 

Il D.Lgs. 81/08 non ha però previsto quali requisiti di formazione debbano avere i lavoratori che operano all’interno degli ambienti confinati. Si è provveduto in tal senso con il D.P.R. 177/117, che ha introdotto un regolamento per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi .

 

Il Regolamento riguarda:

  • la qualificazione delle imprese e dei lavoratori che operano in ambienti confinati
  • le procedure di sicurezza

 

La qualificazione delle imprese per gli spazi confinati

Qualsiasi attività lavorativa che operi nel settore degli ambienti sospetti di inquinamento o confinati può, dunque, essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso di requisiti specifici.

 

L’azienda deve avere del personale, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza lavorativa di almeno tre anni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati; tale esperienza deve essere necessariamente posseduta dai preposti.

 

Il personale deve essere formato e informato sui fattori di rischio propri di tali attività, con verifica di apprendimento e aggiornamento.

 

Ricordiamo che l’Ispettorato con Nota 694 del 24 gennaio 2024 ha fornito chiarimenti alle problematiche sull’obbligatorietà della certificazione dei contratti per il personale impiegato in servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto ai sensi del Titolo VIII, capo I, del D.Lgs. n. 276/2003.

 

Procedure di sicurezza per spazi confinati

Prima di consentire l’accesso agli ambienti  confinati, il datore di lavoro committente deve informare tutti i lavoratori dell’impresa appaltatrice su:

  • le caratteristiche dei luoghi in cui sono chiamati ad operare;
  • tutti i rischi esistenti negli ambienti di lavoro, ivi compresi quelli deri[1]vanti dai precedenti utilizzi degli ambienti di lavoro;
  • le misure di prevenzione ed emergenza adottate in relazione alla pro[1]pria attività.

 

Lo scambio di informazioni deve essere realizzato in un tempo sufficiente ed adeguato al completo trasferimento delle informazioni; si ritiene adeguata la durata minima di un giorno per acquisire tali informazioni.

Rischi da interferenze negli spazi confinati

 

Il datore di lavoro committente è anche tenuto a nominare un proprio rappresentante, che deve vigilare – con funzione di indirizzo e coordinamento – sulle attività svolte dai lavoratori dell’impresa appaltatrice o dai lavoratori autonomi. Ciò al fine anche di limitare i rischi di interferenza tra le attività svolte da entrambi.

PATENTI A CREDITI PER LA SICUREZZA.

6 maggio 2024


La patente a crediti in vigore dal 1° ottobre è rilasciata in formato digitale dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro. La dotazione iniziale è pari a 30 crediti. Le imprese e i lavoratori autonomi, per operare nei cantieri, devono possedere almeno quindici crediti.

 

Il decreto PNRR-bis e la patente a crediti

La legge di conversione n. 56/2024 del DL n. 19/2024 ha apportato importanti modifiche, sostituendo integralmente l’art. 27 del d.lgs. n. 81/2008, ed introducendo un nuovo sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi (c.d. “patente a crediti”) che vogliono operare nei cantieri temporanei e mobili, come definiti dall’art. 89 del d.lgs. n. 81/2008.

 

Il precedente art. 27 rinviava all’emanazione di un DPR, su proposta della Commissione Consultiva Permanente, i criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi. Il nuovo articolo, così come riformulato, detta molte regole specifiche del sistema a crediti e rinvia a decreti del Ministero del Lavoro e ai provvedimenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL).

 

Pertanto, l’unico sistema di qualificazione delle imprese in materia di salute e sicurezza, attualmente, è la patente a crediti. È possibile allargare il suddetto sistema anche ad altri ambiti di attività individuati con un apposito decreto del Ministro del lavoro, sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative.

 

A decorrere dal 1° ottobre 2024, le ditte e i lavoratori autonomi per poter continuare ad operare in un cantiere temporaneo o mobile dovranno essere in possesso di un “titolo abilitante” o di un’attestazione SOA.

RIDUZIONE TASSO DI PREVENZIONE: IL MODELLO INAIL OT23 PER IL 2024

28 aprile 2024


INAIL rende disponibile la versione aggiornata del modulo OT23 e la relativa guida alla compilazione per inoltrare la domanda di riduzione del tasso medio per prevenzione per l’anno 2024 (da presentare entro il 29 febbraio 2024).
Cos’è il Modello OT23?

 

L’art. 23 del DIM 27.02.2019, prevede una riduzione del tasso medio di tariffa per le aziende che abbiano effettuato interventi per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli previsti dalla normativa in materia.

 

L’azienda indica sul modulo di domanda per la riduzione del tasso medio per prevenzione gli interventi che ha attuato nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda (2024).

 

Ad ogni intervento è attribuito un punteggio. Per poter accedere alla riduzione del tasso medio di tariffa è necessario aver effettuato interventi tali che la somma dei loro punteggi sia pari almeno a 100.


Per alcuni interventi, il punteggio prevede la possibilità di un punteggio bonus di 10 punti, aggiuntivo rispetto a quello indicato sul modulo, applicabile alle posizione assicurativa territoriale (PAT) classificate secondo i riferimenti tariffari indicati nel modulo stesso.

 

Gli interventi migliorativi possono essere realizzati su una o più PAT dell’azienda.

 

Come accedere alla riduzione del tasso si tariffa?

Per accedere alla riduzione, l’azienda deve presentare un’apposita istanza (Modulo per la riduzione del tasso medio per prevenzione), esclusivamente in modalità telematica, attraverso la sezione Servizi Online presente sul sito www.inail.it, entro il termine del 29 febbraio 2024, unitamente alla documentazione probante richiesta dall’Istituto.

 

Nei primi due anni dalla data di inizio attività della PAT, la riduzione è applicata nella misura fissa dell’otto per cento.
La riduzione ha effetto solo per l’anno di presentazione della domanda ed è applicata in sede di regolazione del premio assicurativo dovuto per lo stesso anno, in egual misura a tutte le voci della PAT.

 

Cosa contiene il Modello OT23?

 

Il modulo di domanda articola gli interventi nelle seguenti sezioni:


A: PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI MORTALI (NON STRADALI)
A-1: AMBIENTI CONFINATI E/O SOSPETTI DI INQUINAMENTO
A-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO DI CADUTA DALL’ALTO
A-3: SICUREZZA MACCHINE E TRATTORI
A-4: PREVENZIONE DEL RISCHIO ELETTRICO
A-5: PREVENZIONE DEI RISCHI DA PUNTURE DI INSETTO
B: PREVENZIONE DEL RISCHIO STRADALE
C: PREVENZIONE DELLE MALATIE PROFESSIONALI
C-1: PREVENZIONE DEL RISCHIO RUMORE
C-2: PREVENZIONE DEL RISCHIO CHIMICO
C-3: PREVENZIONE DEL RISCHIO RADON
C-4: PREVENZIONE DEI DISTURBI MUSCOLO-SCHELETRICI
C-5: PROMOZIONE DELLA SALUTE
C-6: PREVENZIONE DEL RISCHIO MICROCLIMATICO
D: FORMAZIONE, ADDESTRAMENTO, INFORMAZIONE
E: GESTIONE DELLA SALUTE E SICUREZZA: MISURE ORGANIZZATIVE
F: GESTIONE DELLE EMERGENZE E DPI

Come presentare il Modello OT23?

La domanda può essere presentata a prescindere dall’anzianità dell’attività (minore, uguale o maggiore di un biennio) assicurata nella posizione assicurativa territoriale (PAT), sempre ché gli interventi migliorativi siano stati realizzati nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

 

L’Istituto individua nel campo “Documentazione ritenuta probante”, per ogni intervento, la documentazione che ritiene probante l’attuazione dello stesso nell’anno precedente quello di presentazione della domanda.

 

Cosa contiene la Documentazione probante?

La Documentazione probante deve essere presentata unitamente alla domanda, utilizzando l’apposita funzionalità disponibile nei Servizi online.
 

Deve riportare:

  • data;
  • firma (in genere del datore di lavoro, ma, a seconda degli interventi, anche di altri soggetti idonei, ad esempio, ad attestare un’emissione formale da parte dell’azienda, a comprovare l’effettiva condivisione da parte delle figure previste dalla legge, ecc.).

 

Le procedure per l’OT23

Per “procedura” si intende un insieme sistematico di istruzioni operative su come eseguire una determinata operazione o attività, formalmente emessa dall’azienda, resa nota ai lavoratori e attuata.

 

La procedura deve essere caratterizzata, oltre che da data e firma, da:

  • contenuti, che devono essere congruenti con l’oggetto dell’intervento;
  • prove documentali dell’attuazione nell’anno solare precedente quello di presentazione della domanda.

 

Modello OT23: che cosa attesta

Nel modulo di domanda l’azienda dichiara di essere consapevole che il riconoscimento della riduzione è subordinato all’accertamento degli obblighi contributivi e assicurativi, all’osservanza delle norme di prevenzione infortuni e di igiene del lavoro e all’attuazione di interventi di miglioramento delle condizioni di sicurezza e di salute nei luoghi di lavoro.

 

Regolarità contributiva

La riduzione è concessa solo dopo l’accertamento dei requisiti di regolarità contributiva del datore di lavoro richiedente, secondo i criteri e le modalità previste dal decreto interministeriale 30 gennaio 2015 e s.m.i., in attuazione del comma 2 dell’articolo 4 del decreto legge 34/2014, come precisato nella circolare Inail n. 61 del 26 giugno 2015.


In ogni caso, la regolarità deve sussistere alla data di adozione del provvedimento di accoglimento della domanda di riduzione del tasso per prevenzione.

 

Osservanza delle norme in materia di prevenzione infortuni e di salute sul lavoro.

 

Il requisito s’intende realizzato qualora siano osservate tutte le disposizioni obbligatorie in materia di prevenzione infortuni e di salute sul lavoro con riferimento alla situazione presente alla data del 31 dicembre dell’anno precedente quello di presentazione della domanda.


Per la sussistenza del requisito si fa riferimento all’azienda nel suo complesso e non alle sole PAT oggetto della domanda.


Non rilevano le irregolarità risultanti da accertamenti non definitivi a norma di legge o comunque sospesi in sede di contenzioso amministrativo o giudiziario.

LAVORATORI DELLE PIATTAFORME DIGITALI: ACCORDO UE PER MIGLIORARE LE CONDIZIONI DI LAVORO.

15 marzo 2024


L’11 marzo scorso il Consiglio europeo ha trovato finalmente l’accordo provvisorio sulla proposta di Direttiva che dovrebbe regolare il lavoro mediante piattaforme digitali raggiunto l’8 febbraio scorso tra la presidenza del Consiglio e i negoziatori del Parlamento europeo.

 

La Direttiva, completate le fasi formali dell’adozione, darà agli Stati membri due anni di tempo per la ricezione interna nella legislazione nazionale.

 

In che modo l’UE intende proteggere i lavoratori europei e come questa futura direttiva riguarderà anche la salute e sicurezza di riders, autisti e lavoratori delle piattaforme digitali.

Cosa si intende per lavoro su piattaforma o digitale?

Il lavoro mediante piattaforme digitali è una forma di occupazione in cui organizzazioni o persone utilizzano una piattaforma online per accedere ad altre organizzazioni o persone al fine di risolvere problemi specifici o fornire servizi specifici dietro pagamento.

 

Chi sono e quanti sono i lavoratori su piattaforma?

Nell’UE oltre 28 milioni di persone lavorano mediante una (o più) di tali piattaforme di lavoro digitali. Nel 2025 si prevede che questa cifra raggiungerà i 43 milioni.

 

Lavoratori su piattaforma: autonomi o dipendenti?

l’UE rileva che la maggior parte dei lavoratori delle piattaforme digitali dell’UE, compresi i tassisti, i lavoratori domestici e gli addetti alle consegne di cibo, sono formalmente lavoratori autonomi. Tuttavia, alcuni di loro devono rispettare molte delle stesse norme e restrizioni applicate a un lavoratore subordinato.

Direttiva sui riders e lavoratori digitali: cosa prevede?

La proposta di Direttiva è il primo atto europeo che incide sulla gestione algoritmica del luogo di lavoro e stabilisce norme minime dell’UE volte a migliorare le condizioni di lavoro di milioni di lavoratori delle piattaforme digitali in tutta l’UE, oltre 28 milioni di persone.

 

La direttiva:

  • renderà più trasparente l’uso degli algoritmi nella gestione delle risorse umane, garantendo che i sistemi automatizzati siano monitorati da personale qualificato e che i lavoratori abbiano il diritto di contestare le decisioni automatizzate;
  • Contribuirà inoltre a determinare correttamente la situazione occupazionale delle persone che lavorano mediante piattaforme digitali, consentendo loro di beneficiare dei diritti in materia di lavoro cui hanno diritto.

 

Lavoro su piattaforma digitale: quando è dipendente e quando no? 

La presunzione legale Il compromesso UE prevede che:

  • gli Stati membri stabiliranno una presunzione legale del rapporto di lavoro nei rispettivi ordinamenti giuridici, da attivare quando si ravvisano fatti che indicano il potere di controllo e direzione, fatti trattati conformemente al diritto nazionale e ai contratti collettivi
  • le persone che lavorano mediante piattaforme digitali, i loro rappresentanti o le autorità nazionali potranno invocare tale presunzione legale e asserire che tali persone sono state erroneamente classificate
  • spetterà alla piattaforma digitale dimostrare che non esiste un rapporto di lavoro

 

Inoltre, gli Stati membri forniranno orientamenti alle piattaforme digitali e alle autorità nazionali al momento dell’attuazione delle nuove misure.

Algoritmi sul lavoro digitale: le nuove regole di informazione

Quanto al nodo dell’uso dell’algoritmo nella gestione delle risorse, i lavoratori dovranno essere debitamente informati in merito, in particolare sull’uso di sistemi decisionali e di monitoraggio automatizzati per quanto riguarda la loro assunzione, le loro condizioni di lavoro e i loro proventi.

 

Sono vietati l’uso di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati per il trattamento di determinati tipi di dati personali delle persone che svolgono un lavoro mediante piattaforme digitali, ad esempio i dati biometrici o i dati relativi al loro stato emotivo o psicologico.

 

La Direttiva mira a garantire la sorveglianza e le valutazioni umane sulle decisioni automatizzate attraverso la spiegazione ed il riesame delle scelte.

 

Per comprendere correttamente la normativa UE sulle piattaforme digitali consultare la Pagina dedicata sul sito del Consiglio europeo

 

Riders e norme nazionali: il commento della ministra Calderone

Giudizio positivo sulla proposta di direttiva arriva dalla ministra Calderone che in una nota sottolinea un vantaggio della Direttiva: “In particolare, il testo approvato ci lascia la libertà, a livello nazionale, di declinare i princìpi della direttiva nel nostro sistema, mantenendo le tutele per i lavoratori indipendentemente dal loro status, senza penalizzare le imprese. Un buon punto d’equilibrio e una soluzione europea condivisa in risposta alle sfide di un mondo in evoluzione”.

 

Rider e lavoratori digitali: la normativa italiana

In Italia il Decreto-Legge 3 settembre 2019, n. 101 “Disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali” ha esteso le tutele del lavoro (assicurazione infortuni/malattie e salute/sicurezza sul lavoro) ai lavoratori che eseguono la prestazione lavorativa su piattaforma (anche) digitale imponendo ai datori di lavoro di queste imprese il rispetto delle disposizioni del Testo Unico di Sicurezza e degli adempimenti assicurativi INAIL.

 

Per farlo, il Decreto modificò il Jobs act nell’art.2 del D.Lgs. n.81/2015 estendendo la disciplina del rapporto di lavoro subordinato (così come regolato nel Decreto) anche “qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.

 

Dopo il Capo V del Jobs Act venne poi aggiunto un Capo ulteriore, “Capo V-bis – Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali” e tre successivi articoli: art.47 bis, ter e quater.

VISITA MEDICA DOPO LUNGA MALATTIA.

05 febbraio 2024
 

La Commissione interpelli si è recentemente confrontata con un quesito rilevante in merito alla sorveglianza sanitaria dopo un’assenza prolungata per motivi di salute. L’interpello, numerato come 1/2024 e pubblicato il 6 febbraio 2024, è stato approvato durante la seduta del 25 gennaio 2024. La domanda posta riguarda l’obbligatorietà della visita medica di controllo al termine di un periodo di assenza superiore a sessanta giorni a causa di malattia.
 

Interpello 1/2024

Il quesito è stato inviato dall’Università degli Studi di Milano-Direzione Risorse Umane, chiedendo alla Commissione interpelli di fornire una chiara interpretazione della legge rispetto alla necessità della visita medica dopo una lunga malattia, anche nel caso in cui il lavoratore non sia stato esposto a rischi specifici durante l’assenza.

 

La Commissione interpelli ha inizialmente fornito alcune premesse normative, richiamando il Decreto legislativo n. 81/2008, noto come Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro. L’articolo 2 del decreto definisce la “sorveglianza sanitaria” come un insieme di atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute dei lavoratori in relazione all’ambiente di lavoro e ai fattori di rischio professionali.
 

Il datore di lavoro, secondo l’articolo 18 del decreto, ha l’obbligo di nominare un medico competente per effettuare la sorveglianza sanitaria nei casi previsti dalla legge. La sorveglianza sanitaria, come indicato nell’articolo 41 del decreto, include una visita medica precedente alla ripresa del lavoro dopo un’assenza per motivi di salute di durata superiore a sessanta giorni.

 

La Commissione interpelli ha citato anche alcune sentenze della Corte di Cassazione, tra cui la sentenza del 27 marzo 2020, n. 7566, che chiarisce che la visita medica deve essere “precedente” alla concreta assegnazione del lavoratore alle stesse mansioni svolte in precedenza dopo un’assenza prolungata per motivi di salute.

 

In risposta al quesito dell’Università degli Studi di Milano, la Commissione interpelli ha affermato che solo i lavoratori soggetti a sorveglianza sanitaria devono essere sottoposti alla visita medica prevista dall’articolo 41, comma 2, lettera e-ter). Questa visita, volta a verificare l’idoneità alla mansione, è pertanto obbligatoria solo per coloro che sono soggetti a tale sorveglianza, escludendo coloro che non sono stati esposti a rischi specifici durante l’assenza.

 

In conclusione, la risposta della Commissione interpelli fornisce un chiarimento importante sulla necessità della visita medica dopo una lunga malattia, ancorando l’obbligatorietà a specifiche circostanze di sorveglianza sanitaria

COME RICONOSCERE UN ATTESTATO A NORMA?

10 gennaio 2024


Avere un attestato a norma, se così si può definire, non significa aver ricevuto una formazione efficace o non significa neanche averla fatta veramente, la formazione.

 

Si dovrebbe partire quindi dal presupposto, per nulla scontato, che la formazione ci sia stata veramente e che sia stata tenuta da un docente qualificato.

 

Un attestato che presenta tutti i crismi definiti dalla Legge o dagli Accordi Stato Regioni è sicuramente un buon inizio anche perché esistono delle macro non conformità facilmente individuabili sull’attestato che potrebbero di per sé invalidare giuridicamente un corso.

 

Il soggetto formatore non è il docente, è l’entità giuridicamente riconosciuta che ha titolo di progettare, organizzare, monitorare un corso, incaricare i docenti, e rilasciare gli attestati. Sono soggetti formatori, tra gli altri, le società accreditate in regione per la formazione, le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, gli ordini professionali.
 

Per molti corsi, le norme stabiliscono espressamente che il docente non basta. Questo vale, ad esempio, per i corsi RSPP (anche per datori di lavoro), i corsi per condurre le PLE, i carrelli elevatori e le altre attrezzature di lavoro. Per questi ed altri corsi, è la firma del soggetto formatore e del suo presidente che valida l’attestato. In mancanza del soggetto formatore, il corso non è giuridicamente valido.


L’attestato deve essere conforme al livello di rischio aziendale.
I corsi per addetti antincendio, primo soccorso, per lavoratori e datori di lavoro che svolgono il ruolo di RSPP hanno una graduazione di contenuti e durate che variano in base alla classificazione dell’azienda.
 

L’attestato, per essere valido, deve essere rappresentativo di una formazione svolta per il rischio corrispondente a quello dell’azienda o per quello che la legge ha stabilito. Ad esempio: se sei l’impiegato di un’azienda metalmeccanica, il livello di rischio proprio della tua mansione è basso. Ma se il tuo lavoro comporta l’accesso ai locali di produzione, anche se solo per attività di non operative, allora il tuo livello di rischio sarà alto.


La legittimità degli attestati in materia di sicurezza, rilasciati dalle Associazioni, è regolamentata. L’Accordo Stato Regioni 7/7/2016 stabilisce infatti che le associazioni che operano nel campo della formazione siano rappresentative sul territorio nazionale, o quantomeno operino in modo significativo nel territorio dell’azienda per la quale hanno rilasciato attestati. 

 

Alcune Regioni, come la Sicilia o il Piemonte, hanno istituito un regime di verifica dei requisiti e accreditamento di queste associazioni, realizzando quindi un elenco di soggetti formatori riconosciuti e legittimati ad operare. Pertanto, la legittimità degli attestati di un’associazione poggia sulla sua concreta attività di rappresentanza nelle sedi e nei tavoli stabiliti dalla legge.


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